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Non così nomadi non così sedentari
註釋L'antichissimo antagonismo tra sedentari e nomadi, nato già all'apparire delle prime città quasi, seppur erroneamente, come esemplificazione unica e perfetta del binomio ordine/disordine, poggia sulla coscienza profonda che tutta la specie umana ha, e vorrebbe forse cancellare, della propria provenienza da una unica, primigenia situazione di nomadismo. Tutti siamo stati nomadi, tutti veniamo dal nomadismo della caccia (maschile, di gruppo)-raccolta (femminile, dei frutti spontanei della terra), il primo sistema economico e sociale dell'umanità, ancora rappresentato in questo nuovo millennio, ad esempio, da gruppi di San o Boscimani del Kalahari. Mai però nomadismo ha significato vagare senza senso, come spesso è elaborato dall'immaginario popolare, perché è sempre stato ed è uno spostamento periodico all'interno di una rete di punti di riferimento: clienti, gruppi parentali, fiere, dimore stabili dove passare qualche stagione come nel caso dei grandi nomadi sahariani. Ciò introduce la riflessione su cui si sviluppano i contributi contenuti in questo testo: i cosiddetti nomadi non sono poi sempre e comunque nomadi, e gli stanziali, non nomadi, non sono poi sempre stanziali a tempo pieno. È infatti evidente oggi il desiderio di molti gruppi nomadi, pensiamo specificamente ai Rom, di avere spazi sicuri dove insediarsi stabilmente e dai quali accedere senza disagi insormontabili alla scuola e al lavoro. Ed è chiaro, all'opposto, che ormai la civiltà della stanzialità e delle basi solide e durature, non perda l'occasione nelle vacanze e nei viaggi di capovolgere le regole, di vagabondare, di alloggiare in tende e camper, di vivere, passando da una all'altra, su isole tropicali fin troppo confortevoli una ritrovata, costruita e protetta dunque falsa, condizione di "libera primitività".