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Napoli da capitale a periferia
註釋

Nel corso del Settecento le antichità campane si erano imposte all’attenzione internazionale anche a seguito di precise scelte della monarchia borbonica, che dichiarava gli scavi archeologici attività complementari ai successi militari del re. Dopo l’Unità Napoli da capitale del Regno, centro di interessi collezionistici e di mercato, divenne zona periferica rispetto al più vasto Stato unitario, con una progressiva marginalizzazione politica ed economica che doveva condizionare anche un settore profondamente legato all’autorappresentazione dei ceti sociali dominanti, come la compravendita di antichità, il collezionismo e la stessa pratica dell’archeologia. Questo lavoro esamina la storia sociale dell’archeologia napoletana, inscindibilmente connessa al fenomeno del commercio antiquario, a partire dagli ultimi anni prima del crollo della monarchia borbonica e sino agli esordi del Novecento, esaminando le trasformazioni culturali, socio-politiche, e conseguentemente istituzionali, che portarono alla necessità della promulgazione di una legislazione dedicata, restrittiva in materia di esportazioni dei Beni Culturali a salvaguardia dei più generali interessi nazionali.