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Gialloverdi e camicie nere. Di Maio, Salvini e il fascismo
註釋

Il governo Conte in 12 mesi ha fatto riforme che non erano riuscite ai suoi predecessori di centro-destra e di centro-sinistra. Eppure, molti si chiedono se in Italia non stia per tornare il fascismo.

A guidarlo sarebbe il più tellurico Matteo Salvini. Da lui dipendono polizia, carabinieri, prefetti, questori, servizi segreti e guardie di finanza. È, questa, la micidiale macchina da guerra predisposta al Viminale con un duplice obiettivo: non fare più sbarcare i migranti dall’Africa nei nostri porti e ostacolare l’integrazione europea (ostica ai suoi più recenti alleati, cioè Putin e Trump). 

Di Maio e Salvini hanno fatto piazza pulita del futuro. I loro partiti sono diventati le repliche di quelli che ci hanno a lungo governato.

Nelle loro fila, critici e dissenzienti sono stati messi da parte per favorire dei Pepè le Mokò (studenti, casalinghe, disoccupati), insieme ad esperti adulatori. 

Salvini in testa ha un solo stress, il dividendo elettorale. Lo stesso che Luigi Di Maio ha finora mostrato di sapere solo dissipare.

Il pericolo che corre l’Italia non è di essere salvinizzata, ma quello di vedere ridotti gli spazi della democrazia rappresentativa e di rendere una pura formalità il voto. Espresso il quale, il popolo, come una comparsa, lascia il posto ai sostenitori della democrazia diretta contro quella rappresentativa della tradizione liberal-democratica. Una strada senza uscita.