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註釋«L'uomo è ciò che mangia» è l'aforisma sul cibo più citato di sempre. Al punto da diventare, spesso a sproposito, un motto proverbiale. Oggi, nemmeno due secoli dopo Feuerbach, sembra quasi più vero il contrario. Basta aprire un qualunque menu o leggere l'etichetta di un prodotto alimentare per realizzare fino a che punto ci identifichiamo semmai con quello che non mangiamo: "senza zuccheri", "senza glutine", "senza derivati di origine animale"... Sono scelte e rinunce dettate da tabù religiosi, motivazioni ecologiche, norme sociali o mode che ci dividono a loro volta in "tribù" alimentari, tra vegetariani, vegani, crudisti, ma anche strenui difensori dell'onnivoro. Cibi diversi ci nutrono o ci intossicano, e ciò non dipende solo dalle quantità o dalle loro qualità intrinseche, ma dal messaggio che comunicano a livello sociale, culturale e persino politico. Quindi siamo ciò che mangiamo o è ciò che non mangiamo a renderci umani?
Tra economia e psicanalisi, con tappe obbligate nell'antropologia e nella storia dell'alimentazione, gli interventi di questa antologia ci permettono di riconsiderare il cibo non semplicemente come un genere di autosostentamento, ma come un mezzo di scambio a tutti gli effetti - commerciale, sociale e culturale - in grado di plasmare il mondo in cui viviamo: dal pane, alimento rituale per eccellenza e base della celebratissima dieta mediterranea, alla carne, il cui mercato sempre più vorace ha finito ormai col diventare una minaccia per le risorse planetarie. E ci invitano a riconoscere nelle abitudini legate al mangiare - dalle diete agli sprechi, dal consumo bulimico all'astinenza totale - un termometro di salute sociale e psicologica. Comunque sia, in ogni situazione conviviale, dai pranzi in famiglia e tra amici ai mukbang, i pasti "estremi" trasmessi in live streaming (ma consumati in solitudine), il cibo è sempre un discorso che facciamo all'altro. E in cui, inevitabilmente, riversiamo parte di noi stessi.