Un libro-scrigno complesso e dis-articolato, che va esplorato a lungo e a più livelli; un’opera multipla e sincera, non banale, sofferta e aperta: ricca di citazioni colte o di scene di vita quotidiana, di personaggi e trabocchetti semantici, retorici e linguistici, con frequenti scambi di persona e cambi di ritmo, salti di registro e tripli sensi; un diario-sudario da compulsare in silenzio e con l’anima sgombra.
Insomma, un viaggio lento e intimo, da godere in diretta e metabolizzare piano piano, tassello dopo tassello, in attesa che il continuum si faccia unicum e dunque si squaderni nel suo insieme concentrico, fino a disvelare un discorso (un percorso ora frontale ora laterale) coerente e conseguente.
“Un’avventura linguistica ora sensoriale ora trascendentale (…) Un piccolo capolavoro di ricerca che si snoda e riannoda in componimenti-talismani che, perla dopo perla, danno forma a un libro capace di contenerli e sigillarli, financo sublimarli, in tutto il loro essere incontenibili e talvolta volutamente incontinenti: un’ostrica di scrittura contemporanea seducente proprio perché esuberante anche quando sulla pagina prevalgono gli spazi bianchi o i puntini di sospensione (…) Una raccolta non certo adatta ai novellini dell’approssimazione (in quanto inclini, appunto, all’elucubratio praecox), né alle menti pigre o agre”.