È il 1951. In un piccolo casolare nella campagna del Polesine, dove i temporali ingoiano all’improvviso i cieli luminosi e il granturco cresce alto e impenetrabile, vivono Norma e Nilde, due cugine cresciute come se fossero sorelle dopo che un bombardamento durante la guerra ha ucciso le loro madri.
Nilde è una ragazza riservata e timorosa di tutto e la sua ansia aumenta quando Norma inizia a comportarsi in maniera strana. Da quando è caduta dalla bicicletta mentre raccoglieva le ciliegie, sua cugina non sembra più la stessa: scompare senza motivo ogni volta che scoppia un temporale, è scontrosa, non le parla, impedendole persino di avvicinarsi. Nilde prova a seguirla nei campi, ascolta le voci che circolano in paese, ma non riesce a capire perché la sua Norma, il suo punto di riferimento nella vita, bella come la Madonna del Magnificat che le loro madri tanto veneravano, le stia facendo questo.
Cosa spinge Norma ad allontanarsi da Nilde e a fuggire come una bestia selvatica al primo rombo di tuono? Cos’è successo quel pomeriggio lungo l’argine del fiume? Perché tra di loro quell’abisso improvviso di silenzi e bugie?
Il legame indissolubile che lega le due protagoniste verrà messo a dura prova da inquietanti apparizioni e inspiegabili fughe in una storia perturbante fatta di assenze e di mistero. Sullo sfondo, una terra magnetica, insidiosa come il fiume che la attraversa: quel Po che la rende fertile ma che talvolta la travolge per riprendersi tutto. Un libro intenso e visionario in grado di scandagliare i segreti della natura e dell’animo umano. L’esordio straordinario di una giovanissima autrice.
«Aggio affronta il racconto della dipendenza che crea l’amore, della simbiosi con le forze della natura, della convivenza che gli esseri umani sono tenuti a creare con l’ambiente, attraverso un dispositivo perturbante di impostazione fantastica, quasi gotica».
Rossella Milone
«L’autrice allestisce una costruzione a specchio, con un doppio percorso: quello reale, con atmosfere ben rese del Po che “rompe” gli argini, e quello, intenso, nelle opposte psicologie delle due protagoniste, vero cuore della narrazione».
Ermanno Paccagnini
«È ben riconoscibile nelle pagine di Magnificat la centralità del paesaggio: il marchio di qualità forse più evidente di una narrativa veneta che affonda le radici tra i grandi maestri del Novecento, ma che prova, in tanti modi e con tante voci, a dire ancora oggi qualcosa di nuovo e, perché no, di bello».
Paolo Malaguti