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Destini comuni. La globalizzazione di guerrieri, commercianti, predicatori e avventurieri
註釋Senza i crini dei cavalli mongoli gli europei non suonerebbero il violino, senza Colombo la Corea non avrebbe il kimchi, senza la tecnica cinese di lavorazione della carta, il libro che state leggendo non avrebbe questa forma. La maggior parte di ciò che mangiamo, beviamo o usiamo è stata prodotta altrove rispetto a dove la troviamo oggi. Quasi tutto ciò che associamo a una nazione è collegato a un'altra parte del mondo, per quanto alla lontana. Ma non si tratta solo di merci. Un'infinità di altre domande indicano che ci sono in gioco processi più profondi, e per capirli occorre prendere coscienza del "destino comune" del mondo. A ridurre le distanze tra i popoli concorrono oggi lo stesso desiderio di profitto che spinse i commercianti a sfidare i mari, la stessa ambizione politica di occupare territori stranieri dei guerrieri, lo stesso stimolo dei predicatori a convertire altre persone alla loro concezione del bene, lo stesso impulso a cercare nuove terre di quei primi avventurieri che si spinsero fuori dal continente africano. Le forze che oggi collegano il mondo in maniera sempre più rapida e vincolante sono le stesse di allora, talvolta con nomi differenti. Multinazionali, organizzazioni non governative, emigranti e turisti sono variazioni ed evoluzioni di un processo che dura da cinquantamila anni.