Il Medianum della Casa di Giove e Ganimede (II sec. d.C.), tornato ad una concezione introversa della dimora, diventa per l’architetto adrianeo che ne fu autore uno spazio diffi cile e nuovo, da indagare progettualmente perché non canonico – come era invece l’atrio del Domus classica. Ne nasce uno spazio impuro e ambiguo, affascinante per un architetto davvero moderno come Mario De Renzi. Egli, basando il progetto Furmanik sui principi del Medianum si trova in una condizione altrettanto, se non più difficile di quella dell’architetto della Casa di Giove e Ganimede. Il modo di vivere moderno non sopporta la scarsità di luce di molti spazi d’uso della dimora antica. Dividendo il Medianum in due parti, in quella esterna De Renzi raggiunge agevolmente l’obbiettivo di ricreare lo spazio unificato, indifferenziato e luminoso suggerito dalla case a Medianum. Ma egli comprende che alla parte più interna del suo Medianum è affidata la maggiore innovazione, quella di trasformare il cosiddetto “connettivo di servizio” dell’abitazione razionale nello spazio fondamentale per la vita interiore del nucleo famigliare. Per questo ne elabora due varianti: la prima ancora troppo soggetta ai vincoli della divisione delle funzioni e dei percorsi, la seconda (forse progettata per prima) dilatata e coinvolgente in profondità ogni spazio vitale dell’abitazione. Quasi dieci anni dopo l’esperienza della Furmanik, nel 1947, De Renzi affronta di nuovo il tema dell’alloggio signorile con un progetto non realizzato a Roma, in Via Martelli. Si tratta di una palazzina classica, quattro piani più attico arretrato, ma con un solo appartamento a piano. Mario De Renzi sembra ricominciare dove aveva lasciato il progetto Furmanik; si applica con grande determinazione alla ricerca sullo spazio interiore della casa, la parte interna del suo Medianum, non risolta perfettamente nel progetto Furmanik.