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Gramaglie e Frattaglie
註釋

 Il campo di battaglia della lingua

Il sonno della lingua genera mostri, soprattutto se si abitua ad addormentarsi dentro la dimensione soporifera della telescatola, dove è costretta a frequentare una popolosa corte di nani ballerine pennivendoli saltimbanchi piazzisti che se la spupazzano, la povera lingua, impoverendola vieppiù a proprio piacimento uso consumo, così da farne uno strumento (lo strumento) per capovolgere i termini della realtà (come la pensa il nostro Guido Oldani) e per convincerci che la vita vera si compie là, dentro la scatola di prestigio, mentre a noi tocca restare nell’aldiquà, costretti a imparare il mestiere di voyeur, un mestiere che ci rende spettatori ascoltatori di discorsi precotti aventi per oggetto il passaporto verso il balordo paese dei balocchi. Tra noi e la realtà parole che fanno finta di dire, il che dovrebbe bastare a fare della poesia un diffuso antidoto all’incombente alzheimer socio-culturale.

Questo concetto e questa concezione sono apertamente manifestate, in premessa, dalla stessa autrice, al fine di informare preventivamente il lettore in ordine alle proprie intenzioni etiche e poietiche, tutte poggiate sulla scelta di immergere le mani nel corpanima della lingua per tentare qualche forma intelligente di resistenza e provare a contrastare in qualche modo questi tempi così narcotici, ma così narcotici, da aver ridotto pesantemente il numero di chi dovrebbe avvertire l’obbligo di “prendere la parola”, anzi brandirla.