La sonnolenza delle cose, quinta silloge di Fortuna Della Porta,
appare connotata da una sotterranea vocazione poematica e intesa a
misurarsi con i grandi temi della poesia di ogni epoca e latitudine,
alla ricerca di un irrinunciabile (e forse impossibile) arché.
Delle cose (al di là della loro metaforica ‘sonnolenza’), la poetessa
mira a percepire le essenze, il senso (vichianamente ‘riposto’, anche
laddove appaia stravolto, nel frastornante «stillicidio dei giorni») da
attribuire ad esse. E mira soprattutto a cogliere il senso di noi stessi,
«fragili frammenti» di un cosmo di sincrona perfezione, al quale
apparteniamo, ancorché spesso dimentichi di tale appartenenza, con
la nostra «natura fallace», «un puntino / infinitesimo / tra ieri e
domani», un attimo nella corsa del «Tempo onnipotente» (Tra terra
e cielo).