Il volume – che esce in occasione dei cento anni dallo scoppio della Rivoluzione russa (1917-2017) – intende prendere di nuovo in considerazione il comunismo, non solo dal punto di vista della storia politica, ma, più in generale, come fenomeno culturale e spirituale della civiltà europea del XX secolo. Per fare, come è necessario, pienamente i conti con il comunismo, non si può prescindere da un riesame approfondito di ciò che i curatori chiamano nell’Introduzione il “pregiudizio positivo” di cui esso ha goduto e continua a godere nel mondo della politica e della cultura del Vecchio Continente. Diventa quindi sempre più impellente rispondere alla questione: perché il comunismo ha sedotto l’intelligenza e l’immaginario di milioni di persone, nonostante gli esiti tragici ai quali il più delle volte ha condotto e il continuo fallimento di ogni progetto sociale ed economico che si era posto? A questa domanda hanno cercato di rispondere alcuni docenti dell’Università di Teramo e di altre sedi accademiche, provenienti da settori scientifici differenti, secondo un approccio interdisciplinare. Attraverso la storia degli eventi politici, lo studio del diritto e le analisi politologiche e filosofiche, gli autori del volume hanno contribuito, nel loro insieme, ad elaborare delle chiavi interpretative in grado di affrontare le implicazioni teoriche e pratiche di un’ideologia come il marxismo-leninismo, le logiche totalitarie che hanno dominato gli ordinamenti del “socialismo reale” e il ruolo dei molteplici fattori (sociali, religiosi ecc.) che li hanno portati al collasso tra gli anni ottanta e novanta del novecento. Ad un livello più profondo, però, la domanda capitale verte su quella forma mentis utopistica e costruttivistica, dominante nella tarda modernità, che ancora ai nostri giorni continua ad influenzare la vita culturale e istituzionale dell’Europa.