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Mistici messianici
註釋Nel 1280 il grande cabbalista aragonese Avraham Abulafia giunge a Roma per incontrare il papa Niccolò III – e probabilmente per parlargli della sua visione della «redenzione finale» del mondo. Quando il pontefice rifiuta di dargli udienza e si ritira nel suo castello di Soriano dei Cimini, Abulafia lo raggiunge. Ma non ci sarà alcun colloquio: Niccolò III muore e il cabbalista viene arrestato. È un’altra delle occasioni perdute della storia. Ma Abulafia è solo uno dei punti di più intensa magnitudine della costellazione di mistici-Messia della tradizione ebraica, ovvero di quei maestri che, convinti di poter esercitare un «ruolo speciale» nella storia, si gettarono nell’arena sociale, dando origine talvolta a veri movimenti di massa: è il caso ad esempio di Šabbatei Sewi, il mistico-messia attivo nell’Europa orientale del Seicento. Ricostruendo, con incomparabile dottrina e ricchezza di dettagli, la sotterranea continuità del misticismo messianico dalla «Qabbalah estatica» medioevale sino alla modernità matura (dai Hassidim ai Lubavitch), Idel si sofferma soprattutto sulla varietà dei modelli impiegati nell’«attività redentiva» volta a sconfiggere il male e l’imperfezione del cosmo: quello mistico estatico in senso stretto, concentrato nell’«itinerario di perfezione» individuale; quello teosofico-teurgico, fondato sull’«adempimento dei comandamenti» ed esploso nella Castiglia del XIII secolo; quello magico-cabbalistico, insieme di tecniche elaborate da mistici e cabbalisti «pratici» per «causare un mutamento radicale nell’ordine naturale» e alleviare così la pressione persecutoria sugli ebrei di Spagna e Portogallo.